
SaudiAramco–Falck-ArevaAlstom–BritishSteelCorus–Indesit-Fiat–GeneralElectric–Zambon-TowersPerrin, e poi subito Dhahran–Milano–Shotton–Fabriano–Torino–Parigi–Reutlingen–Torino–Firenze-Milano… E chissa’ cosa riserva ancora il futuro….
Certe mattine mi sveglio, qui in Arabia Saudita, dove sono arrivato alla non piu’ tenerissima eta’ di 48 anni, e ripasso mentalmente come uno scioglilingua le aziende dove ho lavorato finora e le citta’ in cui, trasferimento dopo trasferimento, ho costruito passo dopo passo il mio percorso professionale di uomo di Risorse Umane Internazionali.
Cosi’ quando Raoul Nacamulli, relatore della mia tesi di laurea in Bocconi ed ora ottimo amico, mi ha chiesto di scrivere un contributo per il blog del Bicocca Training and Development Centre a proposito della mia esperienza di espatriato tra Italia, UK, Francia, Germania e Arabia Saudita, subito mi sono venute in mente alcune riflessioni.
Ad esempio: siamo sicuri che in un mondo ormai profondamente interconnesso e multiculturale il concetto di “patria”, da cui “ex-patriato” per intendere chi vive una quota prevalente del proprio tempo in un Paese diverso dal proprio, sia ancora un elemento rilevante?
O ancora: e’ evidente che vi siano aspetti retributivi, legislativi, contrattuali, fiscali, di benefits, che definiscono il rapporto di lavoro all’estero. Ma cosa accomuna il commuter, cioe’ colui che rientra nel proprio Paese per il fine settimana, all’expat che vive permanentemente all’estero e rientra magari una volta all’anno? A mio avviso solamente gli aspetti inerenti al rapporto di lavoro, mentre stile di vita e aspettative sono molto diversi.