
La domanda volutamente provocatoria “Formare al diversity management o superare il diversity management?” da cui ha preso avvio questo learning talk ha suscitato molte reazioni tra gli esperti che vi hanno preso parte ed ha portato verso una tesi conclusiva. Siamo cioè giunti a quel momento cruciale di non ritorno nello sviluppo e diffusione di una pratica - in questo caso il diversity management (DM) – tale per cui il non fare è più rischioso del fare (e, magari, sbagliare). Sono oramai lontani i tempi pionieristici in cui le aziende più lungimiranti si lanciavano in sperimentazioni isolate per valorizzare gli aspetti di diversità individuale, e il corpus di conoscenze teoriche e pratiche sul tema è oramai in fase di consolidamento. Tradotto, questo vuol dire che non ci si più permettere il lusso di trattare il DM come un’attività accessoria sulla quale improvvisarsi, ma che forse quello che deve essere superata è la formazione tout court al DM, per arrivare ad una vera e propria gestione organizzativa e strategica del DM. Inoltre, la crescente richiesta da parte dei collaboratori in generale, e delle nuove generazioni in particolare, di un contesto lavorativo che valorizzi e supporti la diversità e le esigenze individuali, sono oramai la prassi. Ma iniziano anche a manifestarsi i primi rischi legati ad una gestione non efficace del DM e le trappole da cui tenersi alla larga.